SICUREZZA E COEFFICIENTE DI SICUREZZA - BLOG - SAFETY&DIRETTIVE

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SICUREZZA E COEFFICIENTE DI SICUREZZA

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Pubblicato da in Sicurezza tecnologica ·
Capita che di alcuni argomenti non si discuta non perché non siano importanti o fondamentali, ma  perché ritenuti banali in quanto universalmente noti.
 
Questo può essere il caso del  coefficiente di sicurezza che costituisce l’ABC della formazione  del tecnico. Non si può del tutto escludere  che , proprio perché universalmente conosciuto, l’ essenza  del coefficiente di sicurezza finisca con  lo sbiadire nei ricordi ed assumere connotati diversi  dal proprio essere.
 
E’ impossibile  che un tecnico possa fare scientemente  confusione tra sicurezza di una struttura o di un impianto e coefficiente di sicurezza della stessa struttura o impianto ma, per la straordinaria importanza della questione, spendere qualche minuto per “rinfrescare la memoria” non dovrebbe essere perdita di tempo.
 
Il coefficiente di sicurezza è un numero superiore all’unità (se utilizzato al denominatore) o inferiore all’unità (se utilizzato al numeratore)   che si impiega  nel calcolo di progetto per diminuire il valore della resistenza meccanica  del materiale  previsto . Il coefficiente di sicurezza è quindi una certezza, un valore finito  che ci viene imposto/suggerito dal codice di calcolo impiegato.
 
A cosa serve?
 
Tranne che in rare eccezioni, il coefficiente di sicurezza non nasce per fronteggiare l’eventuale difettologia del materiale impiegato. Il materiale impiegato deve essere sempre conforme agli standard unificati .
 
Tali standard   ci indicano la resistenza  del materiale alle diverse temperature o per i diversi impieghi a condizione che il materiale sia senza difetti accettabili.
 
Chi pensa di poter utilizzare materiale di minore qualità o addirittura difettato in presenza di coefficienti di sicurezza magari appositamente  aumentati  non dovrebbe  fare né il tecnico né il costruttore/fabbricante  per tutelare l’altrui incolumità.  Infatti , tranne che in specifici casi, un difetto nel materiale utilizzato non potrà mai essere compensato da un  aumento del coefficiente di sicurezza.  L’aumento del coefficiente di sicurezza aumenta la quantità di materiale da utilizzare nella costruzione ma tale sovraspessore non elimina, se non appunto in specifici casi, gli effetti dei difetti contenuti nel materiale. Se un verificatore si trova davanti una struttura/impianto realizzata con materiale  difettato ha solo due scelte: distruggere il manufatto oppure distruggere il manufatto.
 
Sicuramente  molti  sanno che ad esempio  le saldature sono una eccezione a quanto illustro. Si ammette infatti che la saldatura eseguita possa contenere dei difetti penalizzando la struttura con un aumento del coefficiente di sicurezza. Ma questo non contraddice quanto ho detto ma è solo una variante dei codici di costruzione di settore.  Ma anche in questi casi i codici   esigono l’utilizzo di specifici procedimenti di saldatura che escludano la formazione  di determinati difetti, quali le cricche, in presenza delle quali non esiste coefficiente di sicurezza che tenga.
 
Ma se il coefficiente di sicurezza non serve in generale per contrastare eventuali difetti di materiali, vuoi vedere che serve per contrastare o perlomeno tener conto di eventuali errori di calcolo? Ovviamente no, anche perché se si potesse ammettere un errore di calcolo tale errore dovrebbe essere necessariamente contenuto in una certa quantità correlata all’entità del coefficiente di sicurezza, cosa impossibile da attuarsi. D’altronde nessun tecnico accorgendosi di fare un errore di calcolo non lo correggerebbe, anche se di minima entità. Se un verificatore si trova davanti una struttura /impianto con materiali non difettati ma con coefficienti di sicurezza errati o calcoli in generale errati  ha solo due possibilità: distruggere il manufatto oppure,se possibile,  declassare il manufatto con ripetizione iterativa  dei calcoli di progetto/verifica  per i nuovi carichi ridotti.
 
Ma insomma a cosa serve questo coefficiente? Ma è ovvio, tutti lo sanno, è inutile dirlo. Però , visto che siamo arrivati fino a qui  diciamolo pure.
 
Il coefficiente di sicurezza serve per avvicinare il modello di calcolo utilizzato alla realtà.  Il modello può contenere approssimazioni nella distribuzione delle sollecitazioni ,  incertezze sulle modalità di comportamento  del materiale reale rispetto a quello ideale . Il coefficiente di sicurezza può quindi anche variare secondo le condizioni di esercizio previste e secondo il comportamento elastico piuttosto che plastico del materiale.  Però queste variabilità non sono a discrezione del progettista se non nei limiti ed alle condizioni previste nel modello di calcolo utilizzato.
 
Molti molti anni fa , verificando un macchinario pesante posto su una soletta in c.a., mi accorsi, tramite un  un foro passante nella soletta, che lo spessore della  stessa  era di tre centimetri  inferiore alla documentazione tecnica in mio possesso.  Sospesi la verifica del macchinario in attesa che mi dessero contezza  della idoneità della soletta ovvero che eseguissero lavori di rafforzamento. La prima  proposta che ebbi dai due giovani colleghi incaricati di risolvere la problematica fu quella di spalmare  tre centimetri di cemento  sulla soletta per arrivare allo spessore desiderato. Ovviamente, questa ulteriore aggiunta di materiale avrebbe solo aggiunto un nuovo carico alla soletta, ma tanto……..c’è il coefficiente di sicurezza.
 
 
Il verificatore, a differenza del progettista, deve dimenticare il coefficiente di sicurezza e dedicarsi alla sicurezza, che è cosa diversa. La sicurezza purtroppo non è una certezza, ma è la probabilità che la struttura/impianto non collassi.  Questa probabilità deve essere ridotta al massimo consentito dalla progettazione e dalla buona esecuzione, ambedue da verificare a opera ultimata, e deve essere mantenuta a tale grandezza dalla manutenzione e dai controlli in corso di utilizzo.
 
Se nel verificare la  sicurezza il tecnico fa riferimento in qualche modo al coefficiente di sicurezza strutturale,  significa che la sicurezza  è bassa.  Se si deve valutare la sicurezza di una struttura/impianto, chiaramente si deve prima di tutto accertarsi che il collaudo finale sia stato fatto ed abbia avuto esito favorevole.   Successivamente , secondo step, si deve verificare, se del caso, che la struttura/impianto sia esercito nelle condizioni previste dal progettista, e cioè che le condizioni al contorno non siano variate. Infine, terzo step, si deve verificare che lo stato di manutenzione/conservazione sia soddisfacente.  Se nel secondo o terzo step trovo delle anomalie, tipo una corrosione avanzata, non posso valutarla in funzione del coefficiente di sicurezza, cioè non posso dire che una corrosione del 10% è accettabile perché il coefficiente utilizzato nei calcoli era il 60%. È come se, avendo in un cesto delle mele mancanti, le volessi sostituire con le pere. Una corrosione del 30% può essere accettabile solo se la struttura/impianto era già stato progettato per subire tale corrosione. Se così non è, si  deve dichiarare sicurezza zero per la struttura. Parimenti se le condizioni al contorno variano, ad esempio c’è un movimento franoso che interessa la struttura, si deve dichiarare zero la sicurezza se tale movimento è capace di sottoporre la struttura a deformazioni geometriche fuoriuscenti dal progetto.
 
 
Il monitoraggio, inteso come predisposizione di sensori per individuare possibili scostamenti dalle condizioni progettuali, per concorrere efficacemente alla sicurezza deve essere messo in opera quando questi scostamenti non sono ancora avvenuti e deve essere in grado di allarmare molto prima che gli stessi assumano dimensioni catastrofiche.
 
Cioè in presenza di scostamenti dalle condizioni progettuali già in atto, il monitoraggio ha poco senso ai fini della sicurezza in quanto la sicurezza stessa potrebbe essere già a zero. D’altronde è chiaro che un monitoraggio che possa darci l’allarme solo un minuto prima della catastrofe servirebbe a ben poco.  Può avere senso monitorare lo spostamento millesimale di un monumento che nei calcoli progettuali risulta sopportare uno spostamento centesimale, ma non ha senso  monitorare lo spostamento  centesimale  dello stesso monumento.
 
Ai fini della sicurezza il monitoraggio del movimento è comunque un rimedio che va adottato dall’inizio d’uso di una struttura e assieme ad altre misure di maggior pregio predittivo.  Perché il monitoraggio sia efficace occorre che la strumentazione sia adeguatamente progettata e che i segnali emessi dal sistema di monitoraggio siano correttamente recepiti e sollecitamente interpretati in vista delle misure da prendere. Altrimenti si introducono altre possibilità di errore e un senso di fiducia che vanno a scapito della sicurezza.
 
 
Il monitoraggio  trova  giustificazione su strutture deteriorate se la struttura di cui garantire la sicurezza è irriproducibile, ad esempio il Colosseo o il Duomo di Milano,   oppure se non esiste una valida metodologia di controllo alternativo, ad esempio nel caso delle dighe,  oppure se possono intervenire fattori esterni non previsti in progetto a mettere in discussione la sicurezza della struttura , ad esempio una frana nei pressi.  
 
Il monitoraggio non può essere utilizzato per poter continuare ad utilizzare senza una opportuna manutenzione straordinaria una struttura ordinaria che mostra segni di cedimenti a causa della corrosione del tempo. Ovvero si può anche fare così ma senza dire che lo si sta facendo per la sicurezza e in sicurezza. Quando  la struttura/opera non appare sicura non c’è altro da poter monitorare se non l’eventuale collasso. Se il difetto è evidente o  accertato, se tale difetto intacca il coefficiente di sicurezza , se la struttura non collassa ancora solo “per caso”,  ed invece di procedere alla riparazione ci si limita a monitorare  l’eventuale peggioramento del difetto , non si fa sicurezza ma si gioca alla roulette russa.
 
Nei limiti delle considerazioni esposte si ripropone quanto riportato, anche se non condiviso dal relatore stesso, in una relazione prodotta nella Giornata di studio ITCOLD Roma, 4 maggio 2006
 
"Probabilmente l'unica funzione ragionevole del monitoraggio è di confermare oppure di infirmare le normali caratteristiche di comportamento previste dal progettista. Il ruolo del monitoraggio, spesso discusso, di anticipare l'avviso di un'incipiente rottura è nell'opinione dell'autore semplicemente irrealista, e ciò per varie ragioni; la principale delle quali è che risulta abitualmente assolutamente impossibile indicare con precisione dove la rottura inizierà. Il secondo essenziale aspetto, della massima importanza, è che se qualcuno pensasse realmente sapere dove la rottura abbia da iniziare sarebbe di fatto un perfetto delinquente per non aver previsto disposizioni di progetto atte ad eliminare la probabilità di tale sfavorevole evento." (Così scriveva T.M. Leps nel 1987).



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